La cosa più distruttiva
è
lentamente comprendere d’aver sbagliato.
D’esserti donata a chi non sapeva chi fossi
e cosa stessi cercando in questa vita.
A chi in mezzo a tante parole
ha gettato spuntoni,
per poi ridere di quando ti tagliavi.
La cosa peggiore è stata porgere fiducia,
a chi ha vissuto nell’insicurezza d’essere tradito e abbindolato;
allora ha giocato nell’imperterrito terrore di perdere la partita,
giocando sporco, troppo sporco
e giocando duro, troppo duro.
e anche quando mi ritraetti, ormai consapevole di non resistere oltre.
Il gioco si era fatto ormai pesante e l’Amore che lo contornava sempre più sottile, quasi invisibile,
tuttavia pecepibile in certi frangenti
Così infieriva su una salma di anime perse, le mie,
che insieme non ne creavano una,
non avevo più me.
Lo chiamano “sciacallaggio”
comunemente associato alle popolazioni Rom o/e nomadi.
Lo sciacallaggio appartiene all’umanità,
lo compiamo molte più volte di quelle che crediamo.
È triste, alla fine, solo dover constatare
di aver sbagliato.
Ho sbagliato tanto, perché credevo ne valessimo la pena:
ogni lacrima, grido, schiaffo, dolore, delusione, mortificazione, paura…credevo fossero fattori che in qualche assurda maniera avessero una ragione fra noi.
Ho sbagliato forte, perché credevo gli altri non vedessero la magnificienza che vedevo io.
Io non vedevo la realtà, triste verità!
Ho sbagliato persistentemente, perché hai involontariamente e inconsapevolmente colmato il vuoto che mi perforava:
mi sono sentita a casa, a casa tua
al sicuro e protetta, fra le tue braccia
compresa e difesa, in tua presenza,
senza comprendere d’essere stata rinchiusa in una magnificente gabbia dorata.
Ho sbagliato fino in fondo, perché credevo di amarti.
Ho creduto ancora una volta al potere dell’Amore, quello forte che pervade l’anima.
e ancora una volta ho sbagliato.
“Ancóra” è una costante dell’esistenza,
finché c’è l’ancóra c’è vita…
e poi chissà, un giorno diviene l’ancora, che ti mantiene a terra.