“Passeranno i giorni, i mesi e gli anni,
non saprò se ti rivedrò, riabbracceró,
se il mio cuore potrà ancora pulsare dinnanzi al tuo.
Sentirmi tua, chiamarti, cercarti, amarti…viverti.
Mi hai lasciata in un vuoto, in cui cerco e vedo solo te.
ma non mi è dato sapere, se al traguardo, tu ci sarai.
Seppure, fermarmi non posso più, il nostro passato mi ha chiusa fuori, nel futuro non ti trovo ed il presente è poco vivibile.
Ti cerco dunque nei ricordi,
per poi ricordarmi che non devo piangere,
se ti incontro e tu prosegui.
Ingurgito il magone e digerisco la vita. “
Dal passato.

“Ingurgito il magone e digerisco la vita”: bravissima, Soffio. È proprio quanto ci viene richiesto per vivere una vita sana: integrare in noi stessi, come alimento, tutto ciò che ci capita di vivere, nel bene e nel male. Dobbiamo però ricordarci che non bastano questi primi due movimenti: per una vita sana, dobbiamo compiere anche il terzo: espellere i residui del processo digestivo. È quello che il linguaggio comune denota come “lasciar andare”, anche se spesso con questa locuzione si fa riferimento a un rigetto di tutta l’esperienza in blocco, senza digestione delle sue parti assimilabili.
Comunque, così come la digestione fisica è l’attività del corpo più impegnativa (non a caso è quella che consuma più energia), la digestione dei bocconi amari della vita è l’attività psichica che ci procura i maggiori… “mal di cuore”.
Grazie, Soffio, per avermi offerto questo spunto di riflessione: non avevo mai pensato in questi termini, prima.
Un grande abbraccio. E buona digestione!
Aloha
virginio
ti adoro